LA PITTURA DI ANDREA BONANNO

 

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Professore d'Arte Onorario della Scuola di Storia dell'Arte "G. Morandi" di Fidenza. Collaboratore di riviste e periodici, è autore di diversi saggi fra cui "Gli spostamenti allegorici, il mito e la verifica trascendentale". Premio del Presidente al Premio "Omaggio a G. Deledda", Roma 1988. Attualmente sta lavorando ad uno studio sull'estetica e la narrativa di L. Pirandello.

Molte sono le esposizioni e i Premi.

Opere:

Collezioni pubbliche e private in.Italia e all'estero; Archivio della Biennale di Venezia;Museo d'Arte Moderna, Roma; Museo d'Arte Moderna, Parigi; Museo d'Arte Moderna, Amsterdam; Archivio Arti Visive, Ancona; Museo Comunale Salvi, Sassoferrato; Biblio­teca Nazionale, Roma; Biblioteca Nazionale, Firenze; Museo EspanoI de Arte Contem­poraneo, Madrid; Museo Civico, Gibellina; Museum of Modern Art, Haifa; Museo Mystique, Malta.

 

                           

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108pallina.gif (2708 byte) BRANI DI CRITICA:

Andrea Bonanno affida all’estetica il senso più proprio dell’arte di  Luigi Galli.

Ampia, perspicace, varia, nonché altamente investigativa, risulta l’esegesi sull’arte contemporanea che Andrea Bonanno persegue sulla verifica delle arti figurative del presente, non solo attraverso La verifica nell’arte figurativa contemporanea ed altri saggi (2001) ma pure in opere precedenti: L’arte e la verifica trascendentale (1992) e Per un’arte della verifica trascendentale (1994).

Le intenzioni di indicare speculativamente un nuovo orientamento di estetica artistica ben si delinea nel pensiero di Bonanno che giustamente addita tutti quegli elementi spuri che ritroviamo nella pretestuosità di impossibili salvazioni pseudoestetiche dei vari Argan, Bonito Oliva, Franco Solmi, Gerardo Pedicini, ma anche Pierre Restany ed Harald Szeemann, tutti rappresentanti di una pseudo intellighenzia (con le dovute differenze ovviamente di contributo culturale, specie per un certo Argan!) che da decenni ammorba ed obnubila la ragionevolezza dell’espressione artistica voluta pure da un establishment che di fatto vuole ignorare le profonde radici delle conquiste dell’ingegno umano, perché posti al servizio non della ‘cultura’, ma del potere culturale (altamente mercificato e volutamente incapace di proporre autentici valori sociali ed individuali). Segue quindi un vivo dissenso verso i caratteri impropri dell’estetica: cioè quegli assunti che di fatto àlterano una visione più autentica del fare artistico perché devianti rispetto all’evolversi originario dell’ispirazione: psicologismo, narcisismo, sociologismo, sogget- tivismo anarcoide, tecnicismo, (mass)mediatico visionismo, kitsch, freudismo, ecc…

Emergono violentemente le contraddizioni (aberranti deformazioni) di un’arte mistificante che parla un linguaggio presentativo, metonimico, dimostrativo, tautologico, ludico, compulsivo, … un’arte in(naturale) perché estranea al cammino interiore del creare, perché privilegia i rituali estetizzanti, i messaggi effimeri, gli approdi minimal-nichilistici. Si impone quindi il primato del fatto ispirativo (afflato) su ogni altra variante di “progetto” qualificante l’atto creativo, per cui soltanto una qualità sovrasensibile dell’io creativo traducibile in capacità di verifica degli assunti estetico-costruttivi (Valéry: fabrication, atto del produrre: poiein) può essere credibile  nel percorso di un’indagine critica di un io che deve affermarsi come libera individualità di valori artistici. È necessaria quindi una palingenesi culturale che ritrovi le sue radici nelle tesi di Vico-De Sanctis-Croce, quando il filosofo di Pescasseroli, appunto proponeva nella sua Estetica (1902) una nuova concezione dell’arte come intuizione pura, momento aurorale (iniziale) della vita spirituale, indipendente dalla filosofia e dalla moralità; e ciò lo ribadiva nella Critica (1903), parlando della poesia, come arte appunto e quindi forma autonoma della vita dello spirito attribuendo ad essa una sostanza che “è intuizione ed espressione, unità d’ immagine e di suono”.

Lodevole è la ricerca di Andrea Bonanno che analizza le più assortite e neodecadenti o antitetiche proposte che si affacciano sull’orizzonte “artistico” compresa l’attuale Biennale veneziana che evidentemente non è che un prodotto esponenziale delle precedenti e che mette vistosamente in luce la crisi involutiva del fatto artistico. Infatti alla base di tale involuzione emerge un grave errore di valenza estetica: non soltanto l’immanenza del contingente socio-filosofico come elemento spurio, ma pure ritenere che l’arte sia soltanto una fase iniziale, senza un suo compimento finale (la questione dello stile, dunque, ovvero in senso più ristretto la vexata quaestio formae). Nella Critica, il Croce parla del valore attivo della contemplazione (non certamente quella estetizzante dei decadenti!; e devo ricordare un corsivo illuminante: contemplattivo usato da Maria Grazia Lenisa a proposito della prefazione alla mia silloge poetica Mito d’amore e di “gioia della forma e della bellezza”. Seguendo tali considerazioni è bene ricordare che il poeta Gottfried Benn sosteneva che il fatto artistico fosse una volontà stilistica e formale che ha una sua propria verità superiore alla verità dei contenuti (espressione di Hugo Friedrich da Benn), “Poiché solo nella sfera della forma l’uomo diventa riconoscibile”: un principio molto latino, riprende il Friedrich.

Sostanzialmente non importa quale sia l’oggetto del tradurre in atto artistico, ciò che conta invece è che l’io creativo (soggetto) non sia subordinato a qualsivoglia contaminazione che possa quindi limitare e travolgere la tensione intuitiva. Evidentemente non si vive fuori dalla ‘realtà’ del presente, ma questa è soltanto l’oggetto su cui deve agire lo ‘spirito’. Ecco quindi che lo ‘spirito’ diviene l’altro da sé rispetto al ‘reale’, la via cioè delle forme artistiche: “È proprio dell’anima il logos, la parola che accresce se stessa” (Eràclito), ed ancora, Baudelaire ha spesso sostenuto il concetto di salvazione mediante forme. Ma la cultura dell’Occidente ancora piuttosto compromessa dal vetero marxismo e dal nichilismo stenta tutt’ora a recuperare consapevolmente l’energia ontologica dello ‘spirito’ per cui, oggi si deve rivendicare il ruolo dell’artista come poietès, (il ‘creatore’) ed una speranza pure viene dal pensiero di Albert Einstein : “Mi basta sentire il mistero dell’eternità della vita, avere la coscienza e l’intuizione di ciò che è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell’intelligenza che si manifesta nella natura”, dove ovviamente per natura si intende pure l’uomo, il suo esserci (Da-sein) fisico, spirituale, cosmico e dove la funzione dell’intuire è ben messa in evidenza, sia pure come pensiero scientifico.

Pure risulta evidente che un’arte intesa come espressione creativa presupponga un raggiungimento di comunicazione stilistica come momento privilegiato della singolarità artistica definita nei suoi vari elementi: immaginativi, semantici, cromatici, sonori…in tal senso può essere percepita l’enunciazione del fondatore dell’ontologia ermeneutica, Georg Hans Gadamer: “Chi ha linguaggio ha il mondo”; oppure, in senso più circostanziato, l’affermazione del caposcuola della semiotica letteraria russa, Jurij Michailovic Lotman: “Ogni opera innovatrice viene costruita con materiale tradizionale”, obbligandoci in tal modo a rivedere il cosiddetto concetto di nuovo. E una verifica dell’arte, che implica le modalità della valutazione e quindi del giudizio, può indiret-tamente riconsiderare anche l’opera artistica già consegnata alla storia: per esempio, si salvarono infatti gli Impressionisti (nonostante i clamorosi rifiuti!) perché la loro novità non stava nel contingente storicistico, bensì nelle tesi della ricerca estetica. E così pure la Testa di Medusa del Caravaggio, non tanto interessa in sé e per sé, quanto oltre se medesima, soltanto cioè per quell’energia alchemica che la trascende, affidando così tale valore oltre i secoli.

Pubblicato su: Punto di Vista nr.35/2003. Literary © 1997-2007 - Libraria Padovana Editrice , Padova.

L’opera di Andrea Bonamio si offre come rappresentazione drammatica di incoercibili urgenze esistenziali nel segno di una testimonianza e rivelazione dell’interiorità dell’ uomo calato in un contesto estraneo quale è quello del mondo contemporaneo. Attraverso complesse costruzioni simboliche realizzate con immagini incisive fortemente caratterizzate come significanti allusivi o emblematici senza mai varcare però la soglia dell’esplicita allegoria, le sue figure si accampano sulla tela così come si sovrappongono nella coscienza e individuano una profonda e spesso dolente riflessione su categorie universali (natura, amore, oppressione, violenza, comunicazione) portate alla luce per un bisogno imperioso di ritrovare un ambiente a misura di sé e di ridare un senso a tutto ciò che ci circonda.

                                                Emanuela  MORO                          

“ II solo modo di restituire al mondo l’uomo intero è quello di farlo uscire dal suo continuo aspetto di essere un pubblico fantasma. Ma il vecchio Caino è alla caccia del suo “ alter ego “ rivelando stili e qualità di ferocia eccezionali. E ogni volta che si distrae da se stesso toma ad attingere alla sua storia barbara con reazioni multiple, pronto a sfruttare indefinitamente la sua orrifica volontà. Dentro alcune di codeste leggi, assurdità, sfide (culturali), progetti di civilizzazione, si misura la registrazione pittorica e concettuale (e ormai la non impropria esperienza) di Andrea Bonanno, siciliano dell’esodo.

Le sue figure schizomorfe, senza anatomia, e costruite per accumulo sensoriale di forme, contiguità vascolari, strutture frastiche di connessioni magmatiche, rivelano un processo combinatorio e corretto che diviene cifra dell’ homo tecnicologicus, inscritto secondo i valori di massa e la stessa teorizzazione di quel vissuto tragico che corrisponde assai maledettamente al cosmo contemporaneo, dal quale non è ormai facile riscattarsi (o rovescia l’immagine possibile della sua integrità oggettiva. Nella sfera di queste   riflessioni l’uomo diventa entità surreale, postuma, psicoeroica; esce dalla natura (e dalla pubblica e gremita violenza) per ritrovarsi in un al di qua traumatico, fisiologicamente assurdo: modello culminante e riflesso di una propria posterità ambigua, diafana, somaticamente diversa dal suo stesso possibile cadavere, e forse dinamico e delirante oggetto superfluo, sempre più approssimativo, e sempre più de-qualificante (o quasi statico).

La sintassi dell’inconscio si predispone ad una cristallizzazione mimetica del corpo/uomo, esce da un’empiria conflittuale per riportarsi in un’ambientazione asfìttica, neutra, retrospettiva della superficie dipinta e, indubbiamente, in quella mentale ripercorsa dal suo spettro sociologicamente estinto, e pur sopravvivente nel clamore del suo spettacolo innaturale. La poeticità ha qui cessato di coesistere alla disponibilità del naturalismo, dell’idillio, delle concomitanti conferme visuali, che rimettono in causa i metodi spuri del postimpressionismo, e quelli di una surrealtà fine a se stessa; riprende modo per costituirsi in categoria disattiva, barocca, e “ dramatis personae “ con contenuti rinnovati, astrattivi, e perfino extra-estetici.

Per Andrea Bonanno conta molto la realtà secondo un’operazione apocalittica, che manca di energia morale, ne assiste i movimenti, il clima difficile, la caratterizzazione totale della fine. Tale ordine perseguito con abbastanza tensione e paura dalla stessa letteratura d’oggi, che produce quell’altrove del mondo il quale coinvolge la pragmatia e la trascendenza del referente interiore, l’illimitabilità ideologica e la medesima angosciosa ira. Proprio dentro questo deserto (metamorfico, nichilistico, disattraente ma non deformato, l’artista abita una suggestione malinconica, la solitudine nemica, le doppie e triple perplessità sia dei torbidi romanticismi contemporanei, sia delle manie del progresso, nella cui lettura la metafora è soprattutto un dissidio emotivo riportato dalla collettiva esistenza. Nel breviario della crisi, Ìn cui è facile morire e diventare corpo intricato, inesorcizzabile, o prefigurazione storica di tutto il rapporto esistenziale che i temi perpetuano nella poetica dell’artista, in apparenza richiamo soltanto straniero alla posizione comune come persone, esseri illusi e testimoni di un’epoca parodistica, sempre in fuga, la simbologia consuma un trasalimento tecnico di immaginazione, un’ebbrezza di psico-favola da Dopotutto; ma Bonanno lo fa con un linguaggio ripetibile, allitterante, deterritorializzato, in cui non solo la bellezza non esiste, ma l’io morfologico trasferisce tutto in una dimensione allarmante, automatica, senza riti ne miti propiziatori della memoria che fu, e che sviluppa lo schema e, piuttosto, la mappa del disincanto, con un’interferenza angosciosa, con un senso di assiduo tramonto, e attraverso gli allucinanti climi di una realtà (una radura) allucinata.

L’apparente quiete del suo cosmo, le bruciature dei rimorsi, l’architettura del limite infinitesimale, (e questo gioco secco di Oltre), riammettono al sistema creativo attuale il genere di diagramma grafico/emotivo, più vicino al nostro Occidente aggrovigliato e spoglio, che alla sorpresa e mobile iconografìa del surrealismo organico; enuclea e aggiunge efficacemente uno storicizzabile e utopistico neo-idealismo.

Così Bonanno unifica il valore contestativo della prassi del nostro tempo al diffuso filosofismo esistenziale, pan-dialettico, permanente, attraverso un’esemplificazione categorica del riscontro figurale (e neo-figurativo), senza falsi prodigi, plastificando un’anatomia descritta visceralmente, in un paesaggio morto e liberamente espresso per la riflessione della pittura e della verità.

In ogni caso, codesto tipo di equilìbrio grottesco (senza funerali, nè esecuzioni d’opera), intrasferibile e nudo, epidermico e intriso di indolori verruche materiche, non è neanche privo di segni inquietanti, tattili, in cui le proiezioni dell’universo morfologico e atomizzato sono rifondate con una cognizione percettiva e archetipica sempre in cerca di un eden perduto. E certo qualcosa di profetico è mediato da codesta sorprendente sofferenza somatica di corpi, non/volti, àmbiti prudentemente ri/elaborati.

Presenze/assenze non labili sono cospicuamente pretestuose, ovviamente insinuano un loro congelante e a-posteriori messaggio, distinto e quasi decisamente inerte, o ben solidificato.

                                                                                                                                                                                        Domenico CARA

 

Le “referenze” di Bonanno vengono tutte alla luce e si è indotti a (ri)considerare questo, diverso, aspetto di una specie di nuova figurazione che pure ha sapore di post-modemo per quel costruire immagini che sono nello stesso tempo immagmi e disimmagini,forme e non forme.La sua pittura, pur confrontandosi in termini estetici con molte correnti attuali e meno attuali, dal surreale alla novafigurazione e con molti “ismi” del presente e del recente passato, non ha tuttavia rapporti concreti con essi e con esse per una sorta di novitas formale che è quel delirare in proprio su una sintassi tutta viscerale, corporale;

composizione cioè di lacerti apparentemente desunti da cavità addominali o da materia cerebrale ma che sono, invece, media espressi vi, emoti vi e filosofici, inorganici (del pensiero e non della carne).

Una “ natura naturata “ e più ancora una non natura, testunonianza del metamorfico entrato “dentro” l’esistente dell’uomo e il suo stesso destino. Eppure.in mezzo a tanta lugubre inidoneità esistenziale, il tentativo di (ri)comporre l’unità: l’uomo-natura è sin troppo evidente in quel voler razionalizzare dentro schemi e grate geometrizzate sia il paesaggio che il suo etemo fruitore. L’artista sente, a mio avviso, quasi l’urgenza di un tale appello e il movimento verso il disfacimento e verso la ricostruzione dell’organico sono quasi contemporanei. Un a pittura in definitiva che merita molta attenzione e che non ha ancora detto tutto di sé. 

                                                                                                                                                                                                                                                   Vinicio SAVIANTONI

 

Mr. Andrea Bonanno is an italian Artist, he is well known in Italy as well in other european countries.He has been awarded many prizes for bis top class art qualities

                                                                                                                                 Da: "Midtimes Intemational Newsmagazine"  (22/7/1991)

 

L’opera di Andrea Bonanno spazia dalla pittura allo letteratura, senza escludere, in entrambi i casi, anche l’attività artistica. Tutto questo non può che dare allo sua produzione pittorica uno profondità ed una consapevolezza di sé che non può non far pensare alle migliori tendenze del post-moderno. La sua produzione dunque si propone come qualcosa di interessante per la capacità dell’artista di raccogliere gli stimoli migliori e rielaborarli ne! crogiolo in perenne fermento della sua interiorità. Ne scaturisce così un tipo di arte che non è più figurativa eppure non sì spinge fino a varcare il soglio dell’allegorìa, che si contraddistingue sempre. Il Bonanno infatti riesce ad estrarre dalla propria coscienza le figure e a riproporle nella loro complessa interezza. La sua riflessione ìntellettuale, ma mai avulsa dalle più vere e profonde esigenze dell’uomo, sorge sulla tela, racchiusa in ordinatrici forme geometriche. La dimensione individuale non si inaridisce

nell’individualismo, ma diventa emblema universale arricchita com’è dalla forza tipica dell’uomo, la forza della ragione. Le immagini che crea Andrea Bonanno riescono a rimanere sospese in quel terreno, quasi impraticabile, che sta a metà fra il disfacimento delia forma ne! puro cromatismo geometrico e la pittura figurativa. Un terreno che egli sa non solo esplorare, ma anche praticare in tutte le sue variabili possibilità.

                                                                                                                                                                                  Giovanna MODICA

 

Luminosi paesaggi, montagne e distese, solchi e sentieri possono essere le prime impressioni visive; poi gli spazi si aprono e prendono forma in una prospettiva che porta ad una linea di orizzonte, dove sorgono i segni indelebili della civiltà, fredda e opprimente; e ecco che i pensieri e le ossessioni si concretizzano in un clima profondamente verificale, seppure dato con movenze surrealiste.

Un invito quello di Andrea Bonanno a ricercare nuovi valori, una chiara denuncia ad una società che mira ad azzerare ogni valore umano, a sopprimere tutto ciò che di ancora vivo esiste dentro di noi; la figura umana compare simile ad un’allucinazione, passiva e svuotata interiormente, risalta solamente l’anima, tutto ciò che rimane all’interno di un corpo ormai privo del proprio io; fatto solo dei brandelli estemi, dell’apparenza, dÌ tutto ciò che meno importa; ed è questa una conseguenza di un degrado di se stessi e della personalità, del rapporto umano, dove ancora predomina il sentimento e l’emozione, l’onestà e la libertà di pensiero.

Uomo, cose e paesaggio; esiste tra loro una stretta analogia, uniti dal pittore attraverso un simbolismo esplicito e ricorrente, reggono il peso di angosce, conflitti ed ossessioni che si aggirano attraverso un paesaggio multiforme e un cielo pesante, opprimente, quasi a sottolineare un’ atmosfera silenziosa e statica. Sola, vulnerabile, la figura umana sembra aggirarsi lentamente in questi paesaggi quasi surreali; vulnerabile e sofferto l’uomo cerca se stesso con la speranza di trovare, lontano dalla civiltà, ciò che ancora rimane intatto. Scarno e ormai spogliato di tutto, non può che continuare a convivere con le sue angosce e le sue drammatiche realtà, nascoste negli anfratti di quell’ io che è stato distrutto.

Andrea Bonanno non tende ovviamente a rappresentare una pittura allegorica o decorativa, ma un energico e profondo simbolismo, capace di sviscerare attraverso una complessa chiave di lettura, problemi che circondano la nostra civiltà e direttamente noi stessi; angosce, paure e ossessioni sono problemi ricorrenti che sfociano nella pittura come mezzo attraverso il quale si possono concretizzare i pensieri che affiorano alla mente dall’ inconscio; Andrea Bonanno fa parte di quella schiera di pittori a cui non piace rimandare, nascondere o tanto meno cancellare le complesse e gravi problematiche del mondo estemo; così sensibile ma deciso, penetra drasticamente nella coscienza dello spettatore coinvolgendolo, conquistandolo dandogli profondi attimi di meditazione.           

                                                                                                                                           Mirella OCCHIPINTI

 

“... è pervenuto a rappresentazioni pittoriche che tendono alla enunciazione-denuncia di una società dilacerata dai miti, di una società disumanizzata e coinvolta m un processo di lenta autodistruzione. Pittoricamente e concettualmente l’impegno artistico di Andrea Bonanno trova concrete risultanze in elaborati ove il tessuto dialettico assume valenza indagativo-culturale in un orizzonte che sottolinea l’estrema serietà dell’ operare.

                                                                                                                                   Giorgio BORIO

 

Direi proprio che lo spirito informatore dell’operazione estetico-psicologica di Andrea Bonanno si possa tranquillamente situare nella drammatica frizione contemporanea tra l’uomo e l’ambiente, cioè tra un ripensamento umanistico della società e l’agro scenario, costruito sulla base di moduli atemporali, in cui appunto l’uomo è costretto a vivere potendo forse fruire unicamente del sollievo di sopravvivere. In queste tavole/apologo, le figure, così fervide di un intimo, complesso scatto biologico-intellettuale, sono evidentemente estranee (per natura, per qualità morali, per conseguenti ragioni di rifiuto) ai loro/non loro ambienti per lo più presidiati (nella scienza e nell’ immaginazione dell’Artista) da una costruzione tecnologica la quale, anche se apparentemente non ha alcun peso specifico (proprio, osservate come si propone indifesa e tuttavia sicura), in realtà configura minacciosamente una grande tensione emotiva: infatti, nella loro immobilità enigmatica, queste torri/garitte-uso-lager tentano di travolgere la concretezza, il piacere, la realtà del vissuto e dell’ immaginato, imponendosi quasi a dispetto della partecipazione dell’uomo alla poesia ed alla verità della natura.

Però l’impostazione “categorica”, assoluta, direi universale dell’uomo protagonista, sempre presente e caparbio nelle scene proposte da Andrea Bonanno, ha l’aria di privilegiare il giuoco della vita, con tutte le sue implicazioni e proiezioni, offrendogli la possibilità di avere il sopravvento su tutte le aride invenzioni e gli acri sortilegi. Ma sì, alla lunga il Pianeta Uomo, gloriosamente labirintico nelle sue misteriose strutture pulsanti di globuli, è destinato ad avere la meglio su tutti gli astri magari tecnicamente perfetti ed incorruttibili, ma privi di anima, di fantasia, anche di amor proprio.

Dunque, lasciamoci andare a vedere, nelle opere di Bonanno, all’apparenza non gratificanti nè consolatorie, il valore segreto di un riscatto che offuschi tutte le solitudini.

                                                                                                                                                                                          Felice   BALLERO

Andrea Bonanno nelle risultanze della sua opera all’individuazione di un linguaggio soggetto non a rappresentazioni legate a categorie del reale e della logica, ma piuttosto a schemi creativi personali e psicologici, esprime la sua ragione ideologica di vita moralmente assoggettata alle consuetudini del mondo cui appartiene. La sua arte nasce dunque da principi intimi ed ulteriori ed è basata su immagini simboliche complesse ma cariche di forte espressività. Immagini che vogliono essere metafore di altre verità ma sono espressione di una personalità che vuole ìmporsi o per lo meno allinearsi alle altre cui ritiene di dover dare contributo e alle loro coscienze. Gli argomenti comunicati sono tali e diversi da innescare il ritmo di profonde riflessioni sul significato e l’importanza di valori importantissimi quali la vita dell’uomo, la natura, l’amore. Su questi temi Andrea Bonanno vuole riflettere e far riflettere attraverso il suo linguaggio particolare, brillantemente efficace, che in alcuni momenti appare quasi come un grido di giustizia rivolto al pubblico per attirare l’attenzione su quei valori, di cui si parlava che vengono dimenticati o ancora più gravemente ignorati.

Di qui la funzione dell’operato dell’autore, che rivela egregiamente la sua genialità e versatilità d’espressione ma rivela anche la sua aderenza ad un discorso serio tanto più valido in quanto fatto di sommessi convincimenti.,

                                                                                                                        Giuseppe PERCIASEPE

“Incisiva .forte, immaginativa e veramente poetica si rivela ad un attento esame la pittura di Andrea Bonanno. I suoi mostri-simulacri, perduti in un ambiente innaturale e metafisico sono il risultato sofferto ed inventivo dell’attivazione di una commisurazione e di una verifica intercorsa tra l’io trascendentale dell’uomo e la sua “conoscenza culturale oggettiva”. La sua pittura sottolinea la precarietà dell’io attuale dell’uomo portato a verificarsi di fronte ai grandi problemi metafisici di sempre.

La pittura di A. Bonanno, di una espressività tormentata sul piano contenutistico e ancor più su quello formale, si situa in modo originale fuori di ogni manierismo ad un livello di resa poetica pregevole. Per una più approfondita conoscenza della sua pittura, ci sembra importante accostare II suo << mondo >> come proiezione minacciosa delle nostre colpe alla investigazione «con una punta di ossessione, con una punta di sadismo, sulle vie oscure del sesso, per scoprire le verità meno ovvie, gli aspetti meno conosciuti dell’inte­riorità umana » della pittura di Küchenmeister per cogliere, fra i due autori, e i punti In comune, qualora ci fossero, e le sostanziali differenze. Dell’artista Küchenmeister, rassi­cura il Marchiori, il «liberty  <<è una condizione naturale>> e non <<uno dei ritorni caratteristici a una moda del tempo che fu >>. Così « Le grazie morbide e flessuose di uno stile davvero floreale tornano talora nei profili dei torsi, che sono costruiti con la stessa penetrante perversità dei disegni e delle pitture di Schiele ». In Bonanno, invece, non è presente alcuna grazia morbida e flessuosa, ma un non so che di spettrale e di alluci­nante circonda l’organico e l’inorganico della sua visione fantastica come scaturigine oscura di percezioni captate, di “allarmi“ sentiti dai meandri crepuscolari della coscienza per l’irrimediabile sconvolgimento ecologico che destina, nella sua « rivelazione », l’uomo e la natura ad anatomie ed aspetti di una paurosa ed allarmante disgregazione. Bonanno “rompe la superficie compatta” dei corpi delle sue figure, ma non “vi apre spiragli per “vedere dentro” », non è ossessionato da ciò che si trova sotto la superficie dei corpi come il rumeno Jacques Hérold; le sue forme non sono dominate dalla presenza ossessiva del sesso, estraneo alla sua Weltanscauung, come in Küchenmeister, in una configurazione stlistica e contenutistica originale rispetto a quella di Hérold e di Küchenmeister, anche se le sue figure svelano una “anatomia fantastica, desunta da quella reale; una finzione di vita organica in un corpo che si disgrega e si corrompe” (citando ancora le parole del Marchiori), non come ricerca condotta sugli aspetti non “svelati” del sesso, ma come proiezione inquietante del nostro destino, della nostra alienante ferocia, passata e presente, ai danni dei nostri simili e della natura.

                                                                                                                                                  Carlo  GHEMBRI


“.,. attraverso una nuova figurazione di tipo trascendentale nel senso inteso dall’autore con i suoi scritti che però resta nei confini chiari di una facile leggibilità e comprensibilità, sviluppa le sue tensioni, anche in chiave filosofica,o metafisica, partendo dalla concezione dell’uomo come fulcro dell’universalità dei sentimenti.

L’uomo inserito nel quadro della tecnologia di oggi che lo vede troppo spesso snaturato nella sua identità morale ed esistenziale, l’uomo che pare isolato, angosciato, di fronte a quelle ciminiere che continuano a crescere, che continuano a fumare indifferenti alla dissacrazione della poesia della natura che operano continuamente.

Ma non è la figura reale che interessa Andrea Bonanno, non è l’uomo nelle sue fonne fisiche veritiere che attraggono l’attenzione del pittore.ma piuttosto sono gli elementi materici di cui è plasmato. Così si notano ammassi vascolari.di muscoli, tolta l’epidermide,insomma,per vedere dentro ma non soltanto - crediamo - per la composizione del corpo bensì per cercare, attraverso la materia, il significato dell’uomoJa sua funzione nel quotidiano, con le sue tensioni che sono poi quelle del pittore - con le sue angosce,con i suoi drammi. Una protesta? Una contestazione? Potrebbe anche essere questo il punto di arrivo di un discorso concettualistico, ma riteniamo piuttosto di individuare nell’opera di Andrea Bonanno una denuncia ,un allarme, perché chi osserva ne tragga insegnamento,ne tragga quelle convinzioni che servano a considerare diversamente l’uomo,la tecnologia, il progresso.Un uomo prigioniero, quell o del pittore agrigentino-friulano, prigioniero non certo di se stesso ma di una esistenza che ne condiziona l’espressività pura ed è questa forma di repressione -anche- che Andrea Bonanno cerca, secondo noi, di evidenziare perché la conoscenza della realtà stimoli azioni tese al riscatto.Non è una pittura “politica”, comunque, quella di Andrea Bonanno, ma sicuramente una pittura di carattere sociale, umano, sentimentale,anche, pervasa sempre di vibrazioni che arrivano ad un profondo lirismo.Una rappresentazione del mondo e dell’uomo quale emerge dalla visione artistica di Andrea Bonanno può esprimere diverse radici e diverse mtenzioni, ciò che anzitutto determina uno stato di ricerca e di esitazione prudenziale di fronte ai massimi problemi e misteri: due momenti essenziali per raggiungere la verità o illudersi almeno di poterla intuire.

Lo stesso tipo di figura e di paesaggio ideati dal Bonanno possono suggerire i meandri di una massa cerebrale con tutta la sua carica di sensazioni e di volontà e, se a prima vista sembri che prevalga il “cupio dissolvi” dell’angoscia esistenziale, un esame più attento potrebbe scoprire.al contrario, un’ansia di conquista rischiarata da finalità positive.

Tutto ciò finisce per confermare la validità e qualità artistica di un pittore ancor giovane ma già ampiamente informato sulle principali correnti della nuova figurazione in campo internazionale ed impegnato intellettualmente alla definizione di una sua personale teoria.

                                                                                                                                     Mauro DONINI    

                                                                                                                                                                                  

 

 

Andrea Bonanno esprime, attraverso i suoi lavori, l’esigenza di trovare quell’ unitarietà psicologica che sembra mancare alla civiltà contemporanea, dominata dal caos, da antitetiche tendenze e dalle ansie disorientatrici di un progresso indifferente ed inces- sante.

La sua concezione della realtà è decisamente pessimistica, poiché si rende conto della mancanza di alternative da poter offrire all’uomo e delle disagiate condizioni create dalla continua evoluzione delle strutture esistenziali, in costante trasforma- zione e riadattamento alle circostanze del momento. L’uomo, pertanto, in un tale contesto si trova sbalzato, disorientato e conteso fra mille contraddittori dubbi, proiettato in una dimensione che non gli è congeniale, sospeso nel vuoto e derubato dei propri valori e dei propri ideali. La visualizzazione quindi del dato fisico è il risultato di un efficacissimo processo di simbolizzazione, che si avvale di immagmi emblematiche, vere e proprie metafore dell’esistenza umana o inquietanti aneddoti riferiti alla quotidianità, usufruendo del concetto come sintesi ideologica e come soggettiva espressività.

                                                                                                                                                                                    Luciana PIROLI

 

 

“Con grande sensibilità riesce a mostrarci un mondo che in qualche misura ci appartiene, la vera natura dell’ essere umano fatta anche di dolcezza,di poesia di mistero. Il patrimonio portato sulla tela da questo artista è insostituibile, ricco di ricordi, di fantasie esplorate e da esplorare.

Sulla tela arrivano frammenti di ricordi, visioni oniriche e surreali della natura, un patrimonio di vita, al quale molto deve aggiungere l’infaticabile volontà operativa dell’artista, sempre intento ad osservare i ritmi compositi vi, con l’ansia di comprendere e di avvicinarsi sempre più alla perfezione sia stilistica che formale (...) Andrea Bonanno sviluppa a pieno la più sbrigliata fantasia, analizzando le germinazioni del pensiero e dell’anima e verificando intuitivamente le motivazioni degli opposti vertici ulteriori. Soprattutto risalta dalle strutture ribollenti di sensazioni oniriche e di motivi surreali astratti un continuo dinamismo metaforico cosmico che sublima l’immagine per sciogliersi in un prezioso afflato ricco di cromie mantenute in vibrazioni luminose risaltanti.

                                                                                                                                                                                      Paolo VOLPI

 

 

In un'epoca in cui si assiste ad un ritorno all'individualismo, e in cui uno dei valori con i quali ci si misura e ci si confronta è rappresentato dal nostro io e da tutto ciò che riguarda il nostro inconscio, ebbene anche nell'arte si riflettono e rivendicano la loro esistenza tali valori.

Vi sono artisti, come Bonanno, che sentono in modo particolare e molto vicino a loro queste problematiche interiori, riuscendo per altro ad esprimerle e a trasportarle in maniera naturale dall'inconscio alla mente e per ultimo ad esternarle sulla tela. Natural­mente questo tipo di pittura che prende in esame valori così importanti e difficili da scoprire interamente, non poteva che essere tradotta e trovare soluzioni congeniali in una chiave strettamente surrealista.

Bonanno scava profondamente in quel misterioso essere che è l'uomo, cercando di fare emergere almeno in parte le verità nascoste, rivelando anche e soprattutto quelle più drammatiche, scarnificando l'essere fino a spogliarlo di tutte le sue vesti esteriori, e facendolo apparire almeno per una volta come in realtà esso è. Non si tratta quindi di una pittura evocante romanticismi o falsi mondi inesistenti, ma di una pittura che guarda direttamente in faccia alla realtà, cercando di non nascondere mai il vero e le più angoscianti situazioni.

Ciò che ne risulta è quindi una visione per nulla ottimista del mondo esterno e soprattutto di ciò che è l'uomo con le sue falsità e le sue ipocrisie e Bonanno non ha certo timore di rivelare queste verità, anzi, egli prende coscienza e cerca di farla prendere anche agli altri, attraverso le sue immagini simboliche e metaforiche.

La rappresentazione dell'io, nelle sue opere, viene ad essere costruita mediante uno "svuotamento" della figura e di tutto ciò che fa parte dell'involucro umano, facendo risaltare esclusivamente l'essenza e l'animo racchiusi in essa. Bonanno ha analizzato con impressionante esattezza l'origine di timori e desideri umani e il bisogno di assecondare come giochi le nevrosi dell'uomo; le sue opere testimoniano la crisi psichica prodotta dal dominio della civiltà, denunciando così il continuo stato umano avvolto da eterni dilemmi. E' un'opera che riflette il totale coinvolgimento dell'artista nell'idea freudiana dell'inconscio come stato narrativo: fatti marginali diventano gli elementi sostanziali di un dramma bizzarro e allucinante.

I conflitti edipici si confondono con i multiformi paesaggi del presente a creare stati scon­certanti e situazioni ambigue. Bonanno riflette sul timore dell'uomo verso una possibile rottura dell'organizzazione del comune sistema della realtà, sabotando i meccanismi di questo consueto, comodo sistema. Considerata nel suo insieme, l'opera di questo artista appare caratterizzata da un'irriducibile freschezza e potenza di immaginazione, dove la fantasia mantiene un alto grado di libertà anche nella sfera della coscienza. L'opposizione di fantasia e realtà è propria a processi surreali come il sogno, il delirio, il gioco; il gioco di Bonanno, con le sue possibilità fantastiche, la sua abilità di fare esperimenti con uomini e cose, di trasformare l'illusione in realtà e la finzione in verità, dimostrano fino a che punto l'immaginazione sia divenuta uno strumento di progresso.

Bonanno ci presenta una realtà per nulla piacevole, dove ogni elemento rappresenta un pretesto per offrirci ben altre realtà ancora più crude e laceranti. Ciò che rimane dell'uomo come essere non è altro che brandelli di materia che più della sua carne sono resti della sua mente e del suo io, l'unico elemento che in parte riesce a salvarsi dall'aggressione dell'esterno e che tuttavia conserva i segni di una prolungata violenza. Parole e forme non sono che semplici rappresentazioni dell'unica immagine originale e importante in assoluto: quella mentale.

                                                                                                                                                   Carlo OCCHIPINTI

                                                                                                                                                  

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